Noi siamo come nani sulle spalle di giganti
Le reliquie di Beati e Santi custodite nell’Abazia di Montevergine – di Sac. Sergio Antonio Capone
Custode delle Reliquie dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno
«La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi, infatti, proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare» (Sacrosanctum Concilium, 111).
Sin dall’antichità la Chiesa ha riservato una speciale venerazione alle reliquie. Esse sono “resti” che testimoniano la presenza di Dio nella vita di uomini e donne che hanno fatto risplendere la propria fede attraverso un’autentica testimonianza di fede. La tradizione di raccogliere e conservare resti di santi nasce parallelamente al culto dei primi martiri, persone che nel loro vivere quotidiano hanno testimoniato fino al sangue e al sacrificio della propria vita la fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Le reliquie hanno da sempre ricevuto particolare venerazione e attenzione nella Chiesa, in quanto i corpi dei santi, destinati alla resurrezione, sono stati sulla terra il tempio vivo dello Spirito Santo e lo strumento della loro santità, riconosciuta dalla Sede Apostolica tramite la Beatificazione e la Canonizzazione.
L’Abbazia di Montevergine custodisce ab immemorabili un patrimonio di inestimabile valore spirituale: reliquie che attestano l’ininterrotta presenza nella vita della Chiesa di Santi e Sante che hanno corrisposto in maniera eroica ed esemplare alla comune vocazione alla santità.
Alcune reliquie vennero donate all’Abbazia dal re Guglielmo I di Sicilia nel 1156. Da un testo dell’11 novembre del 1182, legato alla consacrazione della nuova chiesa, si può ricavare il numero ed i nomi dei santi le cui reliquie erano a Montevergine, a conferma della loro presenza già in epoche precedenti. Sotto l’abate Giovanni – uomo piissimo e religiosissimo, a cui la tradizione verginiana assegna il titolo di beato – venne eretta la nuova chiesa a tre navate e in un altare furono collocate le reliquie. Il documento riferisce che queste erano state donate da vescovi, arcivescovi e abati presenti alla solenne cerimonia di consacrazione.
Altre reliquie vennero acquisite dal Monastero al tempo dell’imperatore Federico II, intorno al 1210. In seguito, le reliquie furono nascoste in molti punti della chiesa per sottrarle ai furti.
Quasi alla fine del XV secolo, al tempo del cardinale commendatario Giovanni D’Aragona, fu redatta una Memoria, che informa sul ritrovamento del “tesoro di sacre reliquie” presso il santuario. L’atto del 1480, scritto dal monaco fra Donato da Vico, menziona numerosissime reliquie. I corpi dei santi – si legge – in parte erano contenuti in vasi di marmo con lamine di piombo, sui quali erano scritti i nomi dei santi, ed altrettanti in casse di piombo, ugualmente con le iscrizioni dei nomi dei santi. Un esempio di lamina di piombo è quella rinvenuta da chi scrive all’interno dell’urna dei Ss. Pascasii et Marci Abb. M.V.
Tommaso Costo nell’Istoria dell’origine del Sagratissimo Luogo di Montevergine (XVI secolo) parla del santuario situato in un posto «tutto messo a oro con molti (…) vasi d’ariento (…) è ricco di tante e si fatte reliquie, che difficile sarebbe a trovarne un altro anco uguale in tutta Cristianità». Le reliquie in parte provengono da Benevento e da altri luoghi come bottino di guerra e dall’altra furono mandate da diversi re e baroni del regno. Nel 1551 furono portate presso il monastero del Santissimo Salvatore al Goleto alcune reliquie ed altrettante, situate in quel luogo, furono trasferite alla casa madre di Montevergine.
Dopo l’incendio avvenuto l’11 maggio 1611, che aveva distrutto il monastero, fu necessario sistemare di nuovo gli arredi della chiesa e le suppellettili, tra cui il Reliquiario. Nel 1627 il padre decano Pietro Danuscio di Gesualdo «diede principio all’Edificio della nuova Cappella del nuovo reliquiario, con le Casette per collocarvi i Corpi Santi, posti dentro de Simolacri d’argento; e nelle due altre Affacciate Laterali, vi fe fare le Casette di fabrica, ma stuccate, quali tutte furono compite prima del Capitolo Generale, celebrato nel nostro Monasterio di Monte Vergine di Napoli nell’anno 1628».
Nel 1610-11 il card. Michelangelo Tonti donò all’Abbazia il corpo di S. Giustina martire.
Nel 1807 – alle numerose reliquie presenti nel Monastero – si aggiunse anche il corpo di S. Guglielmo da Vercelli, trasferito dal Goleto.
Nell’ottobre 2020 – dietro richiesta dell’Abate Ordinario di Montevergine Riccardo Luca Guariglia – venni invitato a redigere un inventario di tutte le reliquie presenti nel Sacrario Verginiano. Contestualmente a questa opera di ricognizione, l’Abate mi chiese anche di provvedere alla sistemazione e al ri-confezionamento di alcuni pezzi, deterioratisi a causa del tempo. Accettato ben volentieri l’invito, iniziai a fotografare tutte le reliquie – sia quelle collocate nella Cripta, che quelle custodite all’interno del monastero –, redigendo le schede di inventario, numerandole e inserendo le specifiche per ogni pezzo. Il lavoro – durato un anno intero – ha potuto mettere in luce in 248 schede e più di mille fotografie, un vero e proprio tesoro di fede, storia e arte. Si è cercato di ricostruire la storia di ogni pezzo, associando le teche alle rispettive Autentiche. Tra i documenti di autenticità più antichi conservati nel Sacrario vi è l’Autentica di Mons. Domenico Volpe, Arcivescovo di S. Angelo dei Lombardi e Bisaccia, del 19 novembre 1772, rinvenuto piegato a quattro all’interno di un reliquario d’argento: esso attesta l’autenticità di ben venti santi/e confezionati in quattro teche, collocate in altrettanti artistici reliquiari di varie dimensioni.
Il monastero custodisce, inoltre, diverse reliquie della Madonna. Due di esse sono particolari in quanto erano originariamente collocate all’interno di due tondi, sorretti dagli angeli a destra e sinistra, del quando della Madonna: il latte – conservato in un’ampolla argentea vitrea – e il velo – conservato in una teca argentea ovale. Durante la ricognizione di quest’ultimo sono venuti alla luce i due cartigli medievali, conservati in una chartula ottocentesca.
Nonostante nel corso degli anni l’Abazia abbia subito alcuni furti – come la reliquia della testa di Sant’Antonio Abate e parte del braccio di San Luca Evangelista – il Sacrario conserva reliquie “insigni” quali: Legno della Ss. Croce del Signore, della Passione del Signore e dei XII Apostoli, a cui si aggiungono le reliquie di: 45 papi, 44 vescovi e cardinali, 21 Abati e Monaci, 212 martiri e 222 Beati e Santi.
A queste si uniscono i “Corpi santi” (o parte di essi): S. Gulielmi Abb. M.V., B. Ioannis Abb. M.V., S. Anthie, S. Barbati Ep. Ben., S. Berardi Abb. M.V., S. Costantii Ep., S. Deodati Ep., S. Desideri Ep. mart., S. Desideri Lett. mart., S. Eleutherii Ep. et mart., S. Ermolai presb. mart., S. Festi Diac. mart., S. Fructuosi Ep. mart., S. Iasonis mart., S. Iulianæ mart., S. Iustinæ V. e mart., S. Mauri mart., S. Maximi Ep. Nol., S. Mercurii milit. mart., S. Modestini Ep. mart., S. Nicandri mart., S. Potiti mart., S. Prisci Ep. Conf., S. Rufinæ mart., S. Sabini Ep. mart., S. Secundini mart., S. Victoris Ep. Capuani, S. Vitaliani Ep. et mart., Ss. Pascasii et Marci Abb. M.V., Ss. Sidrach, Misach et Abdnego – Trib. Puer. Babylon.
Molte ossa polverizzate di santi sono contenute in quattro anfore di creta, classificate con la dicitura “Cineres Sanctorum”.
Le reliquie dei santi sono segno della presenza di Dio-incarnato nel mondo, dell’Eterno nella storia umana. In quanto segni, possono indicare al credente come vivere la fede che “lasci un impronta” nel mondo di oggi.