I passi della devozione P. Dom Carmine Allegretti
Prima di tracciare brevemente gli elementi fotografici del nostro archivio monastico di Montevergine che rappresentano e definiscono con particolari utili la mostra: “i passi della devozione”, desidero dire grazie a quanti l’hanno resa possibile e a quanti ci hanno aiutato ad allestirla. L’idea della mostra non è sorta per caso ma è nata quando il Rev.mo padre abate Riccardo Luca, che ringrazio, ci comunicò il motivo di questa mostra. Principalmente sono le foto, forse alcune sono scolorite, rovinate dal tempo, ma belle, troppo belle per lasciarle chiuse dentro un archivio. Mentre le guardavo mi sono più volte detto: “Questa è la nostra storia! La storia dei nostri padri! Qui sono fissate immagini umili, di tutti i giorni, ma vere”. “Chissà quanti altri pellegrini di Montevergine hanno testimonianze simili! Perché non raccoglierle tutte?” Da qui inizialmente è partita l’idea di questa mostra sviluppata insieme al Padre abate Riccardo Luca, il padre don Giovanni. Abbiamo, per quasi un anno, cercato ed elaborato centinaia di foto. Abbiamo scelto quelle più significative, quelle che rappresentano la vita di tutti i giorni e quelle nelle quali è impresso il cambiamento del nostro territorio, il senso dei passi della devozione.
Le fotografie esposte fissano istanti della storia della devozione, dei passi della devozione, del pellegrinaggio, la storia, ovviamente. Riproducono usi, costumi e tradizioni della fine del 1800 e di gran parte di quello appena tramontato, quando con la fotografia si immortalavano eventi eccezionali e anche ciò che ora può sembrarci insignificante e forse farci sorridere come… i carretti, i costumi, i canti, i balli, e gli sguardi soprattutto verso Maria madre di Dio. Queste fotografie ci raccontano in ogni istante la realtà del tempo con lo sguardo di un cronista, senza il rischio di avere immagini mistificate dallo scorrere degli anni. Questa mostra “i passi della devozione” vuole essere “memoria storica”, finalizzata a non dimenticare, a rinforzare ciò che si è indebolito, cioè la fede, e a rivitalizzare ciò che il tempo ha sbiadito o che la memoria ha alterato o idealizzato. La mostra vuole poi essere “ricordo”. Ricordi per quanti in queste foto ritroveranno il volto di un amico, l’immagine di un momento, quello di postulazione di una grazia, di preghiera, di liturgie festose. Queste foto sono finestre aperte sul nostro passato. E’ nostro dovere consegnarle a voi, alle generazioni future, come i nostri padri hanno fatto con noi, affinché in esse trovino il senso della storia e del tempo. Passando brevemente alla spiegazione di alcune delle foto esposte, desidero segnalare dei particolari significativi che avrete modo di constatare e che potrebbero sfuggire all’occhio del visitatore e dei più giovani: – nel chiostro esterno ci sono le foto più suggestive; quelle che creano ancora emozioni in chi le guarda. Le più significative sono datate …e chi le ha scattate ha certamente pensato a noi. Ha pensato che era suo dovere lasciarci una memoria di come era la devozione, il pellegrinaggio oltre 100 anni fa. Le variazioni del piazzale, rispetto alla situazione attuale; altre foto importanti sono quelle panoramiche, scattate all’interno del chiostro esterno nello stesso periodo, che dalla zona dell’ingresso del santuario si accede allo scalone per poi immergersi nella cappella della Madonna: qui noteremo subito i pellegrini in ginocchio salire la scala (particolari interessanti, che pochi sanno, come si evince da alcune foto).
Il nostro obiettivo, infatti, non vuole essere solo quello di esporre foto di persone o personaggi illustri che a Montevergine hanno pregato, né di coloro che ancor oggi pregano, ci vivono e lavorano, i monaci per intenderci, ma di far vedere la vita nel suo insieme, racchiudendo nella stessa cornice sia i pellegrini che il paesaggio per disegnare un unico quadro che ci rappresenta tutti. Abbiamo voluto mostrare pellegrini e pellegrinaggi di questi luoghi che dai paesi sotto il monte (Ospedaletto, Summonte, Mercogliano)….; sono la nostra storia, senza in alcun modo interferire su quanto queste foto sono in grado di dire a ciascuno di noi mentre le osserviamo. Abbiamo voluto anche regalare alle persone che hanno qualche anno in più un sorriso, un sorriso forse nascosto dalla bruttura della guerra, vedendosi protagonisti in foto delle quali magari ignoravamo l’esistenza. Gino Bartali, per esempio, devotissimo e pellegrino di Montevergine, che ha voluto ringraziare la Madonna di Montevergine per un fatto accaduto durante il secondo conflitto mondiale, il quale dopo tante domande se avesse aiutato gli ebrei, ha sempre mentito e risposto di non aver aiutato gli ebrei. Mentiva ovviamente. In realtà lui che correva in bici e sappiamo quanto forte era, ebbene nella sua bici e in altri posti nascondeva documenti per salvare tanti ebrei dalla morte. E credo e ne sono sicuro, quanti chilometri avrà fatto. San Giovanni Paolo II in visita segreta a Montevergine, ci ha lasciato una bellissima preghiera mariana, scritto di sua mano. Tanti volti conosciuti e meno noti, Valter Chiari, Silvana Mangano, Nino Taranto, Lucio Dalla, e tanti altri, pellegrini tra pellegrini che hanno segnato la loro vita i passi la devozione.
In conclusione
In conclusione questo mi porta a dire che la funzione più importante è stata quella di restituire immagini; e ciò che è essenziale non è tanto la fotografia, ma il suo contenuto visivo. Abbiamo, spero, cercato di trasformare la memoria in sapere, dando forse una possibile risposta, non lo so, che la riflessione è quella di aver reso ancora più evidente un valore attraverso il quale si è sviluppato un processo responsabile di conservazione attiva.
Ovvero la responsabilità di conservare sguardi, sì abbiamo fatto questo, abbiamo conservato sguardi di chi è stato qui a Montevergine in pellegrinaggio ed è stato per la nostra comunità e per me l’aver chiaro che ogni volta che abbiamo spostato, guardato, osservato uno schedario di fotografie e poi classificati, abbiamo inciso sul processo di sedimentazione dell’archivio. Cosa significa? Abbiamo messo in concreto la fede dei pellegrini, valori cristiani veri che mai più saranno cancellati. È per questo che abbiamo sentito in ogni azione fatta la responsabilità e l’impegno di mantenere l’attenzione sull’archivio, insomma di aprire finalmente gli archivi in tutte le sue relazioni…
Detto in altre parole, noi, che conserviamo archivi fotografici e non solo, abbiamo la responsabilità di garantire per i contemporanei e per i posteri una possibilità del comprendere cosa stiamo mostrando. Uno spaccato di vita quotidiana. Semplice vita quotidiana. Abbiamo reso attivo questo processo, soprattutto in questa mostra, vale a dire di svelare ogni azione, qualunque essa sia, un pezzo della storia del pellegrinaggio sia l’importanza di acquistare a poco a poco evidenza ed efficacia i ricordi e le letture nella memoria della sedimentazione dell’archivio, che significa aver trovato la relazione giusta tra la storia, l’archivio di Montevergine e la fruibilità pubblica.
Pertanto l’idea a cui abbiamo lavorato, i passi della devozione, è quella di un luogo, Montevergine, dove è stato possibile far emergere il senso della fede resa concreta dal pellegrinaggio. Un luogo quindi che è fatto di sezioni didattiche sulla storia e sul senso del pellegrinaggio, della fotografia, di una biblioteca che alimenta la formazione e la ricerca e di uno spazio per esposizioni temporanee, per far emergere il vero senso del pellegrinaggio e la costante conoscenza attorno a luoghi divini, quale è il Santuario Montevergine, degli archivi fotografici di Montevergine, del Museo, e del nostro territorio su cui abbiamo l’onore di lavorare tutti e insieme.